Recuperare il modo dei bambini di sperimentare il mondo
gennaio 11, 2023I sentimenti infantili sono importanti non in quanto costituiscono un passato che deve venire disfatto, ma in quanto rappresentano alcuni dei poteri più belli della vita adulta che devono venire recuperati: spontaneità, immaginazione, precisione di consapevolezza e manipolazione.
(F.Perls, R.F. Hefferline, P. Goodman, Teoria e pratica della Terapia della Gestalt. Vitalità e accrescimento nella personalità umana)
Recuperare il modo del bambino di sperimentare il mondo, nell’ottica gestaltica, consente all’adulto di arricchirsi recuperando il processo primario di pensiero, che consente ai bambini di essere ricercatori, scienziati, artisti e alchimisti.
I bambini, come fossero in un laboratorio, fanno continui esperimenti con ogni cosa e parte di sé, così, per esempio, li sentiamo emettere suoni senza senso con i propri organi vocali in modo instancabile provando tutte le possibili tonalità ed inflessioni della loro voce.
Quale adulto sperimenta se stesso in tal modo?
Ce n’è uno: il poeta, che con i suoi versi esprime la pienezza del parlare umano.
“Non è segno di maturità parlare solo con frasi corrette in un tono piatto, irrigidito dall’imbarazzo di emettere un qualsiasi suono fuori posto”.
Il corpo è il primo canale di espressione e di apprendimento del bambino che lo usa come luogo di esperimenti che divengono sempre più sofisticati e, se lasciato libero di sperimentare, lo conducono ad una maturazione fisica e psicologica.
Il corpo del giovane selvaggio dell’Aveyron esprime tutta l’intensità di questa ricerca:
Un mattino in cui cadeva abbondantemente la neve, mentre egli era ancora a letto, manda un grido di gioia svegliandosi, salta dal letto, corre alla finestra, poi alla porta; va e viene con impazienza dall’una all’altra; e poi fugge così svestito nel giardino.
Là, facendo scoppiare la sua gioia con le più acute grida, corre, si rotola nella neve, la raccoglie a manciate e l’inghiottisce con incredibile avidità.
(J. Itard, Il fanciullo selvaggio dell’Aveyron, citato in M. Montessori, Educare alla libertà)
Ricordo la piccola G. di 8 anni, bambina adottata con una diagnosi di iperattività dovuta ad un attaccamento affettivo insicuro, che con grande passione, simile a quella descritta sopra, muovendosi tutta con un entusiasmo crescente, corse in cameretta, prese la lavagna gioco e con i gessetti colorati iniziò a disegnare un albero con tutto un flusso di linee colorate che scendevano e salivano, il sole tra i rami con un grande sorriso e grandi radici contorte.
Completato il disegno iniziò a spiegarlo, tutta felice per questa scoperta unica e irripetibile che aveva appena fatto: “l’albero si nutre in questo modo!!” esclamò.
Era il processo della fotosintesi. Chiamò anche il padre in soggiorno per fargli vedere questa sua creazione.
Ricordo il mio imbarazzo e quello del padre di fronte a tanto eccessivo entusiasmo. Il padre le disse che era bello, però ora doveva continuare a fare i compiti e stare più calma e ferma per concentrarsi.
Che peccato, che grande peccato.
Entrambi smorzammo quella gioia della scoperta che la bambina stava esprimendo con tanta spontaneità e forza. Io stessa mi sono obbligata ad agire nell’ottica del buon adattamento, non creativo, ma più simile ad un buon addomesticamento con cui viene spesso confusa la maturità.
Come dice Naranjo, nella nostra società civilizzata impariamo a controllare e sfruttare l’animale interiore, o il bambino interiore, trasformandoci in una specie auto-addomesticata, e credo proprio di essermi sentita così quel giorno: auto-addomesticata.
Lavorando con i bambini mi sono resa conto quanto poco spazio resti negli adulti maturi per il gioco, cosiddetto, infantile.
G., che aveva problemi di lettura e comprensione del testo, amava, e non uso questo termine a caso, mettere in scena quello che leggevo e insisteva sempre per studiare storia in questo modo, perché diceva, con grande consapevolezza: “questo è l’unico modo per ricordare e capire quello che studio”.
Ma io, stretta nei tempi dell’ora pomeridiana e il dover rispondere, anche interiormente, alle aspettative dei genitori che volevano tutti i compiti ultimati, assecondavo la bambina in questo gioco importante per il suo apprendimento solo raramente, creando in lei un grande disappunto e una perdita di entusiasmo, che si esprimevano con un continuo movimento incessante che sfiniva lei, oltre che me.
Nonostante tutto, la parte sana e Folle di me, comprese la necessità del gioco per questa bambina e per aiutarla nel suo blocco verso la lettura le proposi delle fiabe gioco da leggere e dei particolari giochini elettronici.
Il problema era l’imperativo famigliare e del mondo adulto, molto rigido e severo: se si fanno i compiti non si gioca. Così un giorno la tata, a cui avevo affidato l’affiancamento della bambina per giocare ad un gioco elettronico che stimolava la lettura, le disse immediatamente prima di iniziare: “questo è un compito non un gioco”.
Fallì così miseramente la possibilità per la bambina di sperimentare la lettura come un gioco piacevole, anziché un dovere in cui sentiva di non riuscire.
I genitori non vollero nemmeno leggerle le fiabe la sera, come gli proposi, perché la lettura era un compito ed in quanto tale doveva essere sostenuta da G., sola, nella sua camera ogni sera, non c’era spazio per il piacere e il gioco, neppure insieme agli adulti.
Tutti formati alla scuola del sudore:
ogni cosa si conquista con il sudore e la fatica, questo è l’impegno.
Nel modo maturo purtroppo l’impegno non ha più a che fare con l’ardore che il bambino esprime quando gioca con grande serietà.” (…) “L’adulto, in parte perchè è troppo preoccupato di essere auto-responsabile, si dà con meno ardore”
(F.Perls, R.F. Hefferline, P. Goodman)
In nome della responsabilità gli adulti fanno spesso cose per cui non provano un reale interesse, dominati dal tempo dell’orologio, come accadeva a me mentre lavoravo con le bambine e tutti i compiti dovevano essere ultimati nell’ora stabilita.
L’adulto maturo non cede alla malattia o alla stanchezza, e non corre il rischio di perdere il suo tempo a disegnare un albero e a guardarlo poi per un’ora, deve concentrarsi e fare innanzitutto.
In questo senso i bambini sono più responsabili degli adulti perché si impegnano con serietà in ciò che fanno, partecipando al compito con tutti se stessi, così impegnati che niente può distoglierli.
Un lato infantile che una persona cosiddetta matura avrebbe bisogno di coltivare.
Era quello che cercava di trasmetterci G. con il suo albero.
0 comments