L' ATTEGGIAMENTO GESTALTICO

marzo 23, 2022

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Non teoria ma atteggiamento.  

La Terapia della Gestalt, come scrive lo psicoterapeuta Claudio Naranjo nel suo libro "Atteggiamento e prassi della teoria gestaltica", non è nata come un'applicazione di teorie, ma riguarda piuttosto “il fatto di stare al mondo in un certo modo”. 

Le tecniche non sono l’essenziale, ma l’occasione, per terapeuta e paziente, di esprimere l’atteggiamento, che costituisce il vero lavoro. 
Così il terapeuta è un esperto non di tecniche, ma del “come” delle tecniche, dello spirito con cui vanno intraprese:

  • Apertura
  • Che “lasci andare”
  • Ricettivo
  • Atteggiamento di abbandono
  • Fiducia
  • Desiderio

Nel processo espressivo terapeutico gestaltico il paziente sviluppa due fattori fondamentali nella Terapia della Gestalt, che Naranjo definisce transpersonali, cioè spirituali, al di là della personalità condizionata e individuale: la consapevolezza e la spontaneità o naturalezza

Il terapeuta stimola e sostiene questa espressione autentica e rinforza negativamente quella patologica legata all’Io, inteso sempre in un’ottica transpersonale, come il carattere che è una: 

“somma complessiva delle risposte adattive apprese nell’infanzia che non sono veramente noi e non sono più adeguate alla vita attuale”. 

Un rovesciamento del senso comune di intendere il carattere, solitamente citato come dote, qui invece è inteso come un blocco interiore che controlla in continuazione ostacolando la risposta creativa dell’individuo alla situazione presente. Il carattere è quindi visto come una nevrosi caratteriale che tutti sviluppano in conseguenza della “malattia emotiva” della cultura.  Percepire il carattere del paziente da parte del terapeuta è molto importante per il processo terapeutico.  Come il maestro Zen di fronte alla coscienza non illuminata, può usare il "bastone", cioè severità ed ironia in termini gestaltici, che disvelano momento per momento la coazione a ripetere del carattere.

E' la trasmissione dell’esperienza all’altro l’elemento terapeutico fondamentale, quindi il terapeuta individua l’atteggiamento dell’autentico sè nell’altro, lo rinforza, lo richiede, lo insegna perché prima di tutto lo riconosce in sé stesso. Nel processo terapeutico viene trasmessa un’esperienza profonda solo se vi è un altro essere che condivida quella profondità e non attraverso la manipolazione. L’esperienza profonda di sé apre la possibilità anche all’altro di sperimentarla.

In questo senso la Terapia della Gestalt è unica tra le scuole psicoterapeutiche poiché è un sistema costruito sulla comprensione intuitiva piuttosto che sulla teoria, è una pratica prima di essere una teoria, un’arte più che un sistema psicologico.

Un’arte che si basa su tre aspetti che sono il nucleo dell’atteggiamento della terapia gestaltica, sviluppati dal terapeuta in sé e stimolati e sostenuti nel paziente:

·         L’attualità

·         La consapevolezza

·         La responsabilità

Aspetti di un unico modo di essere nel mondo: essere qui ed ora, una presenza che rende capaci di una risposta responsabile e consapevole lontana dagli evitamenti che impediscono di vivere la vita anche se di fatto essa scorre comunque.

“Vivi ora; vivi qui; smetti di immaginare e sperimenta la realtà; assaggia e senti, smetti di pensare quando non necessario; esprimiti invece di manipolare, spiegare, giudicare, giustificare; arrenditi all’infelicità del dolore proprio come al piacere; non accettare doveri oltre i tuoi; prendi la piena responsabilità delle tue azioni, sentimenti e pensieri; arrenditi ad essere ciò che sei.”

Non si tratta di un cambiamento di convinzioni, di presupposti tecnici o comportamenti da imitare, ma di una filosofia di vita che non si studia ma si vive.

Ecco quindi che le tecniche si inseriscono in questo quadro esperienziale e filosofico. Due tecniche aiutano a stare nel presente:

  • il continuum di consapevolezza, che chiede apertamente al paziente e al terapeuta stesso, di prestare attenzione a cosa entra ora nel suo campo di auto-consapevolezza, di sospendere il ragionamento a favore dell’auto-osservazione, senza essere trascinato dal flusso, in una sorta di meditazione verbalizzata ed interpersonale;
  • la presentificazione del passato, del futuro o delle fantasie, come anche dei sogni, tramite la drammatizzazione, vivendo o rivivendo avvenimenti passati, reinterpretando delle scene, nel qui ed ora.

Due strategie aiutano a svelare l’Io, il carattere:

  • la strategia della responsabilità, o repressiva, in cui il terapeuta chiede al paziente di lavorare contro i suoi sintomi, lo invita ad essere sincero e diretto in questo momento;
  • la strategia dell’irresponsabilità, in cui il terapeuta decide di “cavalcare” i sintomi del paziente, di esagerare la sua psicopatologia o vantarsene, come modo per capirla, assimilarla e trascenderla.

Nel primo caso si parla di via diretta poiché si chiede alla persona di abbandonare la sua armatura “in questo momento”, nel secondo caso la via è detta indiretta in quanto il terapeuta sostiene temporaneamente l’illusione di irresponsabilità e la incoraggia (ad es.: “esaspera il tuo evitamento del contatto”). Altre strategie indirette sono:

  • il completamento in fantasia di un sogno non finito;
  • dire agli altri le proprie proiezioni così che prendano forma aspetti proiettati di sé;
  • chiedere cosa dice l’espressione non verbale, il movimento, il canto, che  porta ad assumersi la responsabilità di ciò che finora non ci si è permessi di esprimere in altro modo;
  • recitare, per esempio la propria rabbia, spesso aiuta ad aggirare le difese e a far emergere ciò che è inespresso, “Sii falso” “Recitalo”.
  • gli esercizi di Gestalt, come l'esercizio Persecutore-Vittima dove l’auto-accusa catartica, la ribellione della Vittima, il rovesciamento del Persecutore e il loro accordo per vivere insieme nel miglior modo possibile nello stesso corpo rende possibile la loro integrazione.


“La sofferenza più grande è smettere di soffrire”

Quanto è forte la paura della sofferenza, di guardare in faccia fino in fondo ogni giorno quella coazione a ripetere che ci appartiene, di attraversarla, accettarla, riconoscerla ed abbracciarla. 


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